Nell’ultimo pezzo del Grande Sport ho inneggiato al cross training anche perché l’ho visto praticare in maniera sana da un allievo che molto sano non è: ecco a voi il racconto di Alessandro MOCELLIN alla Granfondo PINARELLO, pedalata per amicizia e senza preparazione, un po’ come il concerto di Ligabue la sera precedente in 5’000 godibili battute.

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Maggio-giugno-luglio, mesi pieni di gare e manifestazioni varie. Al rientro dopo lo stop obbligato dell’inverno, ho tenuto fede alla promessa fatta ad un amico: accompagnarlo Granfondo Pinarello di Treviso, in bici.

Dopo la StraStroparotta di inizio giugno, tutto era ancora indeciso visti i problemi fisici che si ripetevano, non a me ma all’amico Diego. A fine mese la conferma che si fa e inevitabilmente il mio pensiero va alla distanza: 120 km senza aver mai fatto un’uscita e mai assaggiato il piacere della sella. Mi attrezzo di buona volontà e in due settimane riesco a piazzare 120 km sulle gambe in due uscite, ma quanto male alle natiche. I miracoli non li posso fare, parto e poi in qualche modo arriverò.

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Arriva il fatidico giorno, 13 luglio 2014. Sveglia ore 04:30, ma a letto ci vado alle 02:00 dopo aver partecipato ad un grande concerto di Ligabue a Padova. Con un sonno fotonico mi alzo alle 04:45 e alle 05:30 partiamo per Treviso. Alle 06.30 siamo al parcheggio, il tempo di sgranchirsi le gambe, prepariamo le bici e ci spostiamo in griglia, ore 07:20.

Le previsioni meteo non lasciavano intendere nulla di buono. In griglia siamo molto indietro: tra una chiacchiere e l’altra aspettiamo l’ora della partenza, le 07.45 … 10-09-08-…. 02-01-00… partiti! gli altri, noi ancora fermi! Passano circa 4-5 minuti e anche noi ci muoviamo.

Usciti da Treviso, missili terra aria sibilano a destra e a manca: dobbiamo tenere i 35-40km/h orari, agganciandoci ai treni per i primi 30 km altrimenti non arriveremo più alla fine … Queste le parole dell’amico Diego che più mi spaventavano. Non avevo fatto chilometri in sella e questo mi viene a dire che dobbiamo tenere una media così alta: pensavo di schiattare.

Parentesi chiusa, dopo essere usciti da Treviso, iniziamo a pestare e ad agganciarci prima ad uno poi al altro treno. A Ponte della Priula, ancora tutto bene. Svoltiamo a sx per andare verso Vidor e la prima salita della giornata, Monte Tombola. A 500m dallo scollinamento, tutti fermi. Scesi dalle bici e camminato per circa 600/800 metri. Questi quattro passi mi hanno salvato.

Da li ci siamo spostati verso Refrontolo, dove era previsto il primo ristoro. I colli asolani, il Montello, tutta la zona del prosecco e cartizze: le verdi vigne che solo a vederle ti rinfrescano l’animo. Stupendo il molino della Croda e poi via per Rolle, giù in picchiata per arrivare a Campea, salendo poi a Combai e scendere fino a Valdobbiadene, percorrendo tutta la strada panoramica del prosecco.

Sinceramente, stavo bene! Le gambe, il culetto, la voglia di pedalare: tutto ok! Da Valdobbiadene prendiamo la statale che passa per Bigolino per attraversare Covolo e Crocetta del Montello. Al Ceppo degli Arditi affrontiamo l’ultima salita della giornata, la fatidica PRESA XIII che porta alla chiesa di Santa Maria delle Vittorie. Detta così, PRESA XIII, sembra un incubo, scalarla è stato esaltante!

Ma andiamo per passi. Arriviamo in gruppone, 25/30 ciclisti, misti tra maschi e femmine. Ci si sgrana e ci si allarga per affrontare la curva a tornate che immette direttamente sulla salita. Il rintocco del cambio, chi prima di svoltare e chi subito dopo, per portare la catena in un rapporto agile ed affrontare la salita il meno faticosamente possibile.

Arriviamo assieme io è Diego. Io con la mia ibrida Wilier in alluminio e lui con la sua super Wilier in carbonio. “Diego, tutto bene?” Lui mi risponde, “Tutto ok”. “Vado con il mio ritmo, ci vediamo su” e lui “vai vai”. Sono partito che le gambe sembravano le bielle di una locomotiva impazzita, non riuscivo più a fermarle.

Ci ha pensato il ristoro sul cucuzzolo del colle a lato della chiesa a fermarmi, c’era l’ape della birra Pedavena che distribuiva bicchieri di birra gratuitamente. Quale visione fu più celestiale? Avevo già il bicchiere di Coca-Cola, ma la voglia era troppa. Ripulisco il bicchiere dalla Coca-Cola e mi scolo 2 bicchierozzi di birra … fantastica!

Nel frattempo Diego avverte gli amici a Treviso che ci mancano 25 km. per arrivare e tra una mezz’oretta dovremmo esserci. Ripartiamo! Affrontiamo la discesa con le dovute cautele fino a Giavera del Montello. Ora tutta piana fino all’arrivo. Agganciamo un gruppetto formato da una decina di persone e si inizia a tirare. Si comincia a sentire l’odore del traguardo e nessuno vuole mollare. Si viaggia a 45/47 orari.

Senza accorgemene, dopo aver passato Cusignaga, Povegliano, Ponzano Veneto, siamo arrivati a Treviso. La gente sempre più infervorata e nervosa, c’è da fare la volata. Letteralmente lascio andare il gruppone per potermi godere l’arrivo con l’amico Diego: arrivato sono arrivato e qualche secondo in più non mi rovina la vita, anzi, me la fa assaporare ancor di più.

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Cosa mi resta di questa esperienza? Lo spettacolo della natura, il sapore della competizione, il piacere di pedalare in compagnia, l’aver conosciuto persone con hobby differenti dai miei, scoprire che non bisogna mettere mai limite al proprio essere e ai propri obiettivi. Per quanto il limite sembri invalicabile, prendendola con filosofia o con le dovute maniere, tutto è possibile, anche ciò che crediamo impossibile.

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