Per chi si è perso la newsletter di due settimane fa, c’è qualcosa in più nell’ultimo numero di Correre fra parole e foto …

Correre 388 - febbraio 2017 - pagg 20-22

Come al solito Orlando fa un discorso ampio e sofisticato, forse fin troppo per il mondo amatoriale che frequento, mentre le foto suggeriscono due esercitazioni qualitative (queste sì senza cronometro) per alternare la prevalenza concentrica-eccentrica nell’uso della muscolatura su pendenze più significative (4-6%).

salita-discesa di un dosso/cavalcavia

fino a 200+200m in via Canale a Marostica

per modulare al meglio impegno e recupero su strada poco frequentata

discesa-salita di un avvallamento/sottopasso

come quello della ferrovia in via Asiago a San Zeno

col semaforo del senso unico alternato a scandire il lavoro intermittente

albertojuantoren2_v-ardgross

Quanti hanno riconosciuto Alberto Juantorena nel post di Orlando? Fulgido esempio di ampia falcata, famoso per la doppietta 400-800m alle Olimpiadi di Montreal 1976 fino allo scontro fatale col cordolo in batteria degli 800m ai Mondiali di Helsinki 1983. Trovate tutto in questo video artigianale, come i flash di preparazione vintage ancora attuali: arrivare almeno a 3′ … ai balzi successivi sulla spiaggia.

https://youtu.be/6KO9zjHvs6s

Un particolare problema che limita i podisti amatori nell’esprimere al meglio il proprio potenziale organico, è la ridotta efficienza meccanica che da un paio d’anni sto rilevando anche su di me, proprio ora che mi sto avvicinando ai 60 anni.

Ciò che noto su di me lo vedo espresso in vari modi nei podisti che incontro per le vie del mio paese, e nelle corse podistiche cui assisto. Per limitare gli effetti del fisiologico invecchiamento sto agendo essenzialmente sull’aspetto biomeccanico, perché noto che bastano un paio di stimoli specifici a settimana per avvertire che l’efficienza di corsa si mantiene discreta.

La mia proposta per questo aspetto è di agire, in modo semplice, sul miglioramento della falcata. Osservando gran parte degli amatori, non solo quelli over quaranta, noto che tanti procedono con un passo piuttosto corto perché questa è la modalità meno dispendiosa per correre, non tanto perché si fa meno fatica, ma perché il patrimonio muscolare del soggetto è piuttosto ridotto.

Tanti corridori amatori non riescono più ad avere una buona falcata perché non sanno né correre velocemente, né spingere. Si dovrebbe quindi dedicare tempo ed energie al potenziamento con sovraccarico, alla corsa in salita, all’interval training, ma stavolta suggerisco di usare la discesa come occasione per migliorare l’efficienza meccanica. La discesa a cui mi riferisco ha però una caratteristica particolare: la pendenza non deve essere superiore al 2%, e quindi parlare di discesa è improprio ma piuttosto di un falsopiano.

Ogni due settimane si dovrebbe svolgere una seduta di corsa “facilitata” in leggera discesa. L’obiettivo tecnico non è però correre più velocemente (rispetto alla pianura) – anche perché il riscontro del cronometro è ovviamente alterato dal favorevole dislivello – quanto di concentrarsi ad ampliare la falcata, oltre che di arrivare in contatto con il terreno sull’avampiede.

Questi due aspetti si possono accentuare variando la distanza di corsa: quando le prove sono corte (dai 200m ai 400-500m) la falcata è ovviamente più ampia, e più reattiva è la fase di contatto dei piedi con il terreno. Allungando invece la distanza, fino ai 1000m, l’azione del movimento è meno intensa ed incisiva.

Non c’è quindi da preferire l’una o l’altra modalità: è corretto invece fare sedute su entrambe le distanze. Si tratta quindi di sostituire nel proprio piano di allenamento, a volte, una seduta di interval training classico e una di ripetute medie. Sottolineo che l’obiettivo della corsa “facilitata” non è quello di correre più velocemente e fare tempi migliori, ma di concentrare l’attenzione (propriocettività) sull’aspetto meccanico.

Se però non si corre in modo attivo, come sono solito definire quando si procede concentrati sul compito meccanico, si disperde l’importanza del gesto tecnico e si rischia anche il sovraccarico strutturale. Correre in discesa non va inteso quindi come “rotolamento” meccanico per effetto della forza di gravità, ma come azione volontaria e consapevole.

Il carico quantitativo da svolgere non deve essere molto elevato, perché le tensioni muscolari sono maggiori rispetto alla corsa in pianura. Per esempio, se una seduta di interval training prevede 15 prove da 300m, nelle sedute di corsa facilitata ne bastano 10. Ma la gestione dello sforzo va ovviamente riferita al momento: si può anche arrivare a correre 15 prove (sui 300m) se le sensazioni sono positive, anche perché il recupero tra ognuna delle prove prevede che si torni al punto di partenza (per le prove corte, fino ai 500m) in modo da sfruttare sempre la corsa in leggera discesa. Nelle prove lunghe invece (800-1000m), non conviene tornare in souplesse al punto di partenza perché i tempi di recupero sarebbero troppo ampi, ed è preferibile svolgere una prova a scendere e la successiva a salire.

Se la corsa “facilitata” appare “facile” da svolgere, è necessario però adottare degli accorgimenti che garantiscano che gli sforzi non siano sfavorevoli all’integrità fisica. Come ho riportato in precedenza, allungare la falcata determina tensioni elevate soprattutto per i muscoli posteriori delle cosce (ischio crurali), i glutei, il tensore della fascia lata (il cui tendine infiammato può causare la sindrome della bendelletta ileo tibiale) e la zona lombare. Quindi, prima di affrontare gli allunghi/ripetute in discesa, è raccomandabile fare degli esercizi di mobilità articolare, e dopo il riscaldamento di corsa anche esercizi di allungamento più qualche agile allungo da 50m.

Per i podisti che di recente sono stati penalizzati da qualche fastidio muscolo scheletrico, è consigliabile correre le prove con scarpe ben ammortizzate in modo da assorbire e disperdere le forze che si generano ad ogni contatto dei piedi con il terreno, e che si ripercuotono sulle ginocchia, sulle anche e sulla schiena.

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