Davvero strani siamo noi ciclisti. Oltre a viaggiare sempre in gruppo credendoci padroni della strada, il nostro paradiso lo chiamiamo “l’inferno del nord”. Il riferimento è alle grandi classiche di primavera, come il Giro delle Fiandre e la Parigi Roubaix che si corrono tra il Belgio e la Francia …

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Io, ma penso di non essere l’unico, quando penso alla maratona di Roma non posso fare a meno di pensare a queste gare ciclistiche. Questo perché le analogie sono tante. Dalla tradizione e dal fascino (non serve che vi dico che città sia Roma), ma anche dalle caratteristiche del percorso. Una su tutte, il fondo stradale caratterizzato dalle pietre.

Mi ero presentato nella capitale una prima volta 4 anni fa. Da pochi giorni c’era un nuovo papa, ma soprattutto ero ancora un novello corridore. Avevo ancora moltissime cose da imparare. Ci sono tornato con un po’ di esperienza in più, ma comunque con molte altre cose da imparare. I miei obiettivi erano 3 e si chiamavano Scopinho, Enrico Vivian e Luca Baratella.

Mi ero promesso che se non sarei riuscito a centrarne almeno uno, sarei tornato a casa a piedi invece del treno. Ma andiamo con ordine. Scopinho è il mio testimone di nozze e assieme ad Alessandro Zanin, padrino di mio figlio, siamo in competizione in una gara a tre senza fine ma soprattutto senza sconti. Questo perché quando indossiamo un pettorale, noi non siamo più amici.

Poi ovviamente torniamo ad esserlo subito dopo il traguardo. Se la sfida poi si restringe a due, ricordiamo che tra me e Scopinho c’è in palio anche il titolo Campagnarotese di maratona. Prima di Roma Scopinho era in testa con un tempo di 3h49′ stabilito proprio a Roma due anni fa. Era il momento di effettuale il sorpasso.

Enrico Vivian invece è quello che mi allena. Tempo fa gli avevo promesso che un giorno sarei sceso sotto le 3h45′. A lui sarò eternamente grato dato che, pur definendomi un matto (un po’ lo capisco), crede in me e in quello che faccio. Infine c’è quel mascalzone di Luca Baratella dell’atletica Vedelago.

Lui è quello che il 30 settembre 2012 mi ha buttato nella mischia facendomi correre una maratona nel suo paese. Lui ha un personale di 3h39′ e superarlo secondo me sarebbe un gran bel gesto di ringraziamento e gratitudine. Gli ho già promesso una cena se ce la dovessi fare. In questi mesi mi sono preparato abbastanza bene, non mi potevo certo lamentare ma soprattutto non avevo scuse.

Il giorno prima, assieme alla famiglia, sono andato a fare la consueta gita in centro Roma. Per non stancare troppo le gambe ho cercato di usare il più possibile le scale mobili e gli ascensori. Ma soprattutto nella metropolitana, facendo il finto tonto, sono stato seduto non lasciando il posto alle vecchiette che erano in piedi.

La cena prima della gara, ovviamente con i miei parenti, è stata qualcosa di leggero e poco impegnativo. Oltre a due birre da mezzo, mi sono concesso un sigaro all’anice gentilmente offerto dal marito di mia cugina.

E venne così il giorno della gara, il fatidico 2 aprile che da tempo avevo segnato con un cerchietto rosso sul calendario. Mi sono trovato quasi casualmente con Adris. Eravamo solo noi due i portacolori dei maratoneti cittadellesi. Non sono riuscito a trovarmi con Roger, Diego e Francesco della Scuola di Corsa.

Nemmeno con il mio amico Andrea finisher lo scorso anno al challenge di Venezia. Ma potete immaginare le dimensioni e il numero di persone presenti quel giorno. Pioveva come spesso succede nelle classiche del nord. Era il tempo (meteorologico) che volevo dato che nessuno tra Scopinho e Ale Zanin avrebbe potuto dire qualcosa.

Ora bisognava far segnare il tempo (cronometrico) giusto. Sono partito con estrema calma cercando di tenere un ritmo regolare sui  5’20″/km. Quella infatti era la velocità che mi avrebbe permesso di centrare il mio primo obiettivo. Ho lasciato andare i palloncini delle 3h45’.

Spesso i pacer ti ingannano, era successo appena due settimane prima alla mezza di Ferrara. Gli unici pacer di cui mi fido sono quelli della mezza di Cittadella. Stavo bene, non sentivo molta fatica. Mi veniva anche la tentazione di andare più veloce, ma ho cercato di stare calmo per fare una gara accorta.

La pioggia aveva reso il percorso ancora più difficile. Oltre ai continui saliscendi, le pietre erano particolarmente scivolose. Oltre ad essere pericoloso, non si riusciva a correre perfettamente. In più, quando si cercava di correre ai lati della strada dove il fondo era un attimino migliore, spesso si c’erano le pozzanghere.

Questo perché le strade erano fatte a schiena d’asino. La cornice di pubblico era fantastica, molti ti incitavano chiamandoti per nome che era scritto nel pettorale. Poi la maratona è iniziata ad entrare nel vivo. Mi ricordavo di una salita, più o meno al km 28, parecchio impegnativa che portava al Parioli, elegante quartiere di Roma.

Erano diversi km che avevo deciso che, una volta scollinato quel punto, avrei provato ad attaccare per cercare di staccare il mio avversario virtuale Scopinho. Così è stato. Ricordo esattamente come se fosse adesso quel momento. C’era anche una specie di musica che proveniva da qualche stereo o da qualche band presente lungo il percorso.

Era la colonna sonora del film “La vita bella”. Le parole erano “Vai, sorridi amore e vai. Prendi questa canzonetta metti il cuore in bicicletta…”. Mi sono fiondati in discesa. La velocità da 5’20″/km è passata a 5′ netti. Da piazza del Popolo la strada cominciava ad essere di nuovo impegnativa con quel fastidioso tratto di lastricato.

Ma eravamo a 39km, c’eravamo quasi. Poi quell’ultima galleria all’ultimo km. In leggera salita e buia. La luce che si vedeva in fondo, rappresentava l’ingresso del paradiso. Pian pianino quel fascio di luce diventava sempre più grande, ma soprattutto ho ricominciato a vedere i palloncini arancioni delle 3h45′.

Ho stretto i denti e me li sono andati a prendere. Poi l’ultimo tratto in discesa è stato il più bello, dove realmente realizzi ciò che hai fatto. Ho chiuso in 3 ore 43 minuti e 33 secondi. Sono arrivato assieme ad Annalisa Minetti , famosa cantante e atleta paraolimpica, che però era partita cinque minuti prima di me.

Ho corso gli ultimi 12 km molto veloci, recuperando circa 1000 posizioni. Mi sono piazzato 3’361 su 13’372 arrivati. Due obiettivi su tre raggiunti. Caro Luca, un giorno verrò a prenderti pure te, magari proprio nella maratona che ami che è quella di Venezia.

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Infine i ringraziamenti. In primis Il mio coach Enrico Vivian a cui avevo promesso questo tempo. A lui dedico la mia medaglia. Infine i miei zii e cugine che mi hanno ospitato e che sono stati gentilissimi come sempre. Al mio angelo custode che porto sempre nella mia maglia da corsa ma soprattutto lo porto nel cuore.

Poi Scopinho, mio eterno avversario a cui mando un abbraccio affettuoso. Ora spero che mi lasci godere questo titolo campagnarotese per un po’, ma poi che mi ripassi davanti così la storia continua. Famiglia, amici, maratoneti cittadellesi, Scuola di Corsa (in particolare modo Simone Rossi che mi ha incitato attraverso foto e video che vi lascio immaginare su whatsapp). Tutti quelli che ho dimenticato.

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Questa era la maratona corsa e raccontata da chi sognava le pietre del muro di Grammont o della foresta di Arenberg, ma per uno scherzo della vita ha dovuto correre su altre pietre.

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