Come ho scritto più volte, non sono degno di parlare di trail, ma ho amici che lo possono fare. Ecco il racconto di Emanuele BATTAGLIA al Tor des Geants (qui un anno fa al Trail degli Eroi). Fra le righe tanta sofferenza e l’immensa soddisfazione di avercela fatta: è sufficiente la foto all’arrivo per capire come è andata …

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Courmayeur ore 10:00 di domenica 08 settembre 2013: 740 atleti pronti ad affrontare come guerrieri una gara che non ha confronti al mondo, 330 km attraverso i giganti dell’Europa con 24’000m di dislivello attivo e passivo, contro un tempo di 150 ore totali che non permette soste, non permette errori, non permette di pensare solo di correre al prossimo cancello orario. Guerrieri pronti ad affrontare le intemperie a 3’000m, la fame, il sonno fino alle allucinazioni. Con la capacità di parlare al proprio corpo quando un dolore si fa sentire per metterlo da parte fino alla fine della tappa, con la speranza che poche ore possano dare sollievo per poi poter ricominciare a correre contro il tic tac che non si ferma, non ti aspetta. Purtroppo alcuni sono costretti a lasciare il campo di battaglia ma solo dopo aver superato quanto umanamente possibile per continuare, a chi rimane dispiace lasciare al suo dolore un compagno che si ritira, figuratevi un fratello di avventura come Andrea … Ma il tic tac non si ferma, non c’è tempo per piangere, la tua mente deve avere un unico obiettivo il prossimo cancello orario e il tuo corpo risponde alla mente, continui a mettere benzina nel motore evitando ciò che non serve, facendo attenzione a non esaurire i serbatoi, non ci sarebbe il tempo per riempirli. Incontri altri compagni fantastici come Piero e Stefano, dei quali il ricordo sarà indelebile per il resto della tua vita, ma ad un certo punto la gara diventa del singolo, perché solo quando il tuo corpo ti dice che le 24 ore corse precedentemente ti stanno bloccando i muscoli delle gambe, allora al prossimo ristoro hai due ore per mangiare e distenderti, ma non arriveresti al prossimo cancello, ti imponi 40 minuti di sonno che arriva appena ti sdrai, ma ti svegli per il dolore lancinante del sangue che ritorna a circolare nei muscoli in acidosi delle gambe tenute più alte da una doppia coperta posizionata sotto i piedi. Ti chiamano perché è l’ora e ti senti di nuovo un guerriero pronto per la prossima tappa: infilare i piedi nelle scarpe è al limite della sopportazione come i primi passi, le vesciche sono dolorosissime, ma si va avanti. Ultimo cancello orario al rifugio 400m sotto il Malatrà, 8:00 del mattino di sabato 14: ho tutto il tempo e cerco di andare piano per risparmiare le energie. La discesa è lunga e io sono in difficoltà a scendere, le ginocchia mi si sono gonfiate e le vesciche sono dolorosissime. Ho fame e ordino una pasta in bianco, si paga ma fa lo stesso, subito tanti altri seguono il mio esempio. Via! Il Malatrà è li con i primi raggi di sole, il passaggio non mi dà la stessa gioia della prima volta su questo colle, sarà perché sono preoccupato per la discesa, lunghissima e con gli ultimi 2’000m di dislivello, mi farà sicuramente soffrire e c’è bisogno di rimanere concentrati. Un passo alla volta scendo, Rifugio Bonatti, 10 min di pausa, Rifugio Bertone, una coca cola e giù, voglio arrivare, ancora un’ora ma non piego più le ginocchia e i piedi mi fanno morire, tanti mi superano ma devo rimanere con il mio passo e molto concentrato. A un chilometro mi raggiunge l’amico Piero con a seguito non so quanti di famiglia e amici: sono in festa e mi danno la carica per aggregarmi. Piero non trattiene le lacrime per la felicità e a vederlo vien da piangere anche a me. Il tappeto rosso mi fa spegnere tutti i ricettori del corpo, non sento più nulla, vedo Lisa con Francesco e Filippo più Andrea: mi fermo bacio Lisa e prendo in braccio i bambini, voglio tagliare il traguardo in loro onore. Piero fa lo stesso con suo nipote, ma a dieci metri dall’arrivo incredibilmente cade a terra per colpa di una canaletta, la festa del traguardo è gelata, dopo qualche secondo mi appresto a salire nell’olimpo attraversando il traguardo ma con l’amarezza nell’animo per l’amico a terra dolorante. Ho capito che non c’è felicità senza condivisione della stessa. Finisher 333 al Tor des Geants 2013, ma accompagnato da 740 Giganti e con la gioia di condividere la felicità con tutti quanti mi hanno sostenuto da casa con il loro calore. Grazie Lisa per la pazienza di quest’ultimo anno e per aver sempre creduto in me. E ad Andrea dico: questo Tor è anche tuo.

Solo su mia richiesta ha aggiunto … Siamo passati prima nel posto dove è accaduto l’incidente. Ti assicuro che le condizioni meteo del Col Crosateies erano estremamente difficili. Di notte, con il temporale, il vento gelido e la temperatura attorno 0°C: grazie alla mia preparazione alpinistica, prima di affrontare il colle con i suoi 2’800m ho preferito fermarmi e cambiarmi con indumenti asciutti e vestirmi con quanto di pesante avevo nello zaino. Abbiamo saputo dell’incidente arrivati in Valgrisenche, ma della morte solo successivamente, ho anche pensato fermassero la gara.

Altro particolare: a fine giugno Emanuele ha patito la frattura di due costole e un principio di focolaio polmonare che hanno avuto bisogno di tre settimane guarire. A quel punto mancava solo un mese e mezzo al Tor.

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