IMG_20150317_151752_crop_resNon è mai troppo tardi per cominciare a correre, anche solo fra una stagione ciclistica e la successiva, e se c’è ancora fisico (talento, salute e motivazione) non è impossibile centrare un risultato degno di un articolo a latere della Tirreno-Adriatico e 5’000 battute nello sterminato spazio online firmate Paolo Marabini che mi perdonerà i tagli.

Quarto, in 2h39’52” … nella città della Leonessa è proprio quel Paolo Lanfranchi che il 2 giugno 2000 al Giro d’Italia vinse tutto solo con una magnifica azione la tappa di Briançon … e poi tanto altro ancora, in quelle 12 stagioni tra i pro’.

TUTTO IN TRE MESI — Il Lanfranchi versione maratoneta nasce pochi mesi fa (“anche se avevo già cominciato a correre nel 2008, ma durò poco perché mi strappai prima nella zona dell’inguine e poi a un polpaccio”) ed è questo che fa diventare ancor più significativa la sua prestazione cronometrica, oltre all’età – il 25 luglio saranno 47 anni – non più di primo pelo. “Ho cominciato a correre a piedi seriamente poco prima di Natale, ma senza fare chissà quali lavori” racconta l’ex pro’ bergamasco all’indomani del suo debutto, con la soddisfazione del gran bel risultato e le gambe a pezzi. “Tre uscite la settimana, talvolta ci infilavo una gara la domenica. Ma senza pensare alla maratona. Poi ho visto che tutto filava per il verso giusto, che mi divertivo, che i riscontri cronometrici non erano malvagi. E così mi sono lasciato tentare. La maratona di Brescia capitava a puntino, in un periodo ideale. L’obiettivo era correre sotto le 3 ore, e confesso che alla fine quel 2h39’52” ha sorpreso pure a me. Anche perché se è vero che le condizioni meteo e di temperatura erano ideali, è anche vero che il forte vento contrario mi ha disturbato per lunghi tratti. E poi ho corso praticamente sempre da solo, senza riferimenti”.

COME UNA CRONOSCALATA — Cercare paragoni fra questa fatica e quelle dei tempi ciclistici è un giochino automatico, al quale l’ex azzurro si presta volentieri. “E’ stata dura soprattutto negli ultimi chilometri perché è emersa la stanchezza — ammette Lanfranchi, riavvicinatosi all’amore di papà Luigi, già forte specialista di corsa in montagna, che aveva timidamente abbracciato da ragazzino, prima di puntare tutto sulla bici — . E quando sei stanco a piedi, non è come in bici. In bici rallenti, ti gestisci, in qualche modo arrivi in fondo. Diciamo che il finale della maratona mi ha ricordato una cronoscalata. Problemi particolari però non ne ho avuti. Mi sono sempre alimentato bene, ho bevuto quando dovevo. E col cardiofrequenzimetro ho sempre tenuto sotto controllo lo sforzo: ho quasi sempre viaggiato sui 160 battiti al minuto, solo nel finale sono salito a 165 e 170. Comunque nel complesso, anche se oggi non riesco nemmeno a fare le scale, un tappone al Giro è decisamente più duro di una maratona, su questo non ci piove”.

NELLA TOP 3 — Archiviato questo debutto, per il momento Lanfranchi non pensa a un prossimo impegno. “Adesso arriva la bella stagione e io torno al mio grande amore, cioè la bicicletta, che da quando ho chiuso l’attività non ho mai abbandonato … Non escludo però di riprovarci il prossimo inverno, quando la bici finirà parcheggiata in garage. E a quel punto magari potrei provare a preparare ancor meglio la seconda maratona”. Intanto, con questa prestazione, ha realizzato una delle migliori fra i non pochi ex ciclisti che si sono convertiti alla corsa a piedi. Il migliore resta il veneto Leonardo Calzavara, che nel 2007 a Venezia – ma aveva solo 32 anni – corse in 2h26’26”. Poi viene lo spagnolo Abraham Olano, il campione del mondo di Duitama ‘95, capace di 2h39’19” all’età di 36 anni, mentre Lanfranchi si installa al terzo posto, davanti anche Rolf Aldag (2h42’54”), al c.t. Davide Cassani (2h45’25”) a Laurent Jalabert (2h45’52”) e allo stesso Lance Armstrong (2h46’43” nel 2007).

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