Eccomi a Roma. Io, di madre romana, io che da piccolo ero “costretto” a scendere a Roma durante le vacanze natalizie e pasquali (6 ore con i treni dell’epoca). Com’è come non è, eccomi finalmente a correre la Maratona di Roma. Infatti, l’anno scorso, causa incidente domestico, non avevo potuto partecipare assieme all’allegra brigata, e quest’anno mi trovo a correrla “solo soletto”. In verità, a Roma mi sono trovato con altri tre amici di Bassano del Grappa, ma fare la tre giorni con gli amici di SdC sarebbe stata tutt’altra storia.

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Ad ogni modo, sabato nel pomeriggio sono a ritirare il pettorale, me lo faccio cambiare per un errore nell’assegnazione della griglia, e mi danno un pettorale per quelli che hanno un tempo in maratona dalle 2 ore 50 minuti alle 3 ore 10 minuti. Praticamente dei treni.

Domenica mattina, sveglia alle 6.15, colazione, tensione a 1000. Arrivo in zona deposito borse, non c’è la presenza di nemmeno una nuvola e il sole splende già alto. Entro nella gabbia dei “satelliti”, tutti a scaldarsi, a fare stretching, mentre i coach distribuiscono i loro ultimi consigli. Io me ne resto in un angolo ad assistere a tutto questo fermento. Alla maratona di Roma, per la prima volta, si sperimenta la partenza “ad onde”; io parto con la prima onda, dopo 5 minuti parte la seconda onda con un altro manipolo di runner, ed infine l’onda dei neofiti.

Allo sparo si va, e si corre da subito. Altare della Patria, si sale da Piazza Venezia, si scende immediatamente in Via del teatro Marcello e in fondo si schiva di poco la Bocca della Verità. Circo Massimo e così se ne vanno i primi due km corsi  a 4’30” e 4’35”; forse è meglio darsi una calmata. E poi, fin da subito, sento che i sampietrini non fanno per me. Infatti, la schiena mi comunica un leggero dissenso, dovrò farne tesoro per i prossimi tratti in pavé. Si procede verso la Piramide Cestia, Porta San Paolo e Cattedrale di San Paolo fuori le mura e qui c’è il primo ristoro.

Sono già un bagno di sudore, agguanto una bottiglia da litro e mezzo, mi bagno i polsi, bevo, corro, bevo, ribagno i polsi e proseguo con la corsa. Si corre ad un ritmo che varia dai 4’35” ai 4’40” al km, sto bene. Nelle mie intenzioni volevo fare i primi 15 km ad un’andatura regolare di 4’50” al km, ma oggi non riesco ad essere costante e le medie che mi trovo a fare sono queste. Accetto e proseguo.

Trastevere, Ostiense, quartiere Testaccio dove è nata mia mamma (e che ben conosco) e ristoro del decimo km. Stesse modalità del precedente. Si costeggia il Tevere fino al 16° km e con il Ponte Cavour si passa da una sponda all’altra, quartiere ebraico con la Sinagoga. Castel sant’Angelo e di conseguenza ci si avvicina al Vaticano. Ed infatti, dal quartiere Prati, ecco Via della Conciliazione e in  fondo, Piazza San Pietro con il suo colonnato. Impegnato a riconoscere quanti più posti possibili, i km filano inesorabili; l’unica mia attenzione è di non correre sopra i 5’ al km: finché sto sotto, tutto ok.

A dire il vero, tra l’emozione del Cupolone, la gente presente che incita ed applaude, bambini che distribuiscono un five ai runner, la media con cui sto correndo è anche sotto ai 4’50” al km. Comunque, non resta che correre. Viale Mazzini, mezza maratona: 1 ora 39’59”. Però, mai me lo sarei aspettato. Comincio a fare congetture e realizzare che riuscirò a stare sotto le 3 ore e 30. Decido a questo punto di tenere la media che sto tenendo, particolari dolori non ne accuso, e quel che sarà, sarà.

Uso ogni singolo ristoro ed ogni spugnaggio, fa tanto tanto caldo, molti corridori cominciano a fermarsi per crampi. Il percorso si fa molto monotono, esposto al sole, e con diverse salitine bastarde che si fanno sentire sulle gambe. Stadio Olimpico, si ripassa il Tevere e si arriva al 25° km. Un po’ di fatica si fa sentire, e il percorso di certo non aiuta. Infatti, non c’è nessuno. Si va avanti, mi rincuoro nel rivedere il Tevere al 33° km. Terzo ed ultimo gel. Tunnel, il garmin perde il segnale, non ho più i riferimenti. Non rimane che guardare il passo istantaneo, che inesorabilmente, si alza un po’.

Corri e corri (fatica e fatica), arrivo a Piazza Navona, dove da piccolo i miei mi prendevano sempre lo zucchero filato, ma adesso non c’è tempo. Ammiro per l’ennesima volta la Fontana dei Quattro Fiumi, ma la cosa più importante è che comincia ad esserci gente. Le gambe non rispondono più come prima, anzi, ed ogni stimolo a correre è gradito. Corso Vittorio Emanuele, Largo Argentina, Via del Corso con i suoi negozi e qui un signore del pubblico, tiene in mano un cartello con scritto a caratteri cubitali “ma chi t’ha detto de camminà”.

Non ho nemmeno il fiato per respirare, ma scoppio in una fragorosa risata. Piazza del Popolo al 39° km, si ritorna indietro per Via del Babuino e si passa per Piazza di Spagna con la “barcaccia”, ultimo ristoro, Teatro Sistina e poi Traforo Umberto I. Maledetto: al 41° km, in salita, e anche qui sampietrini. Non ce la faccio più. Ho sempre sentito parlare del discesone finale, ma ‘sto tunnel in salita proprio lo ignoravo. Ok, passata questa “disgrazia”, vedo finalmente Via Nazionale che se tanto mi da tanto, è in discesa. Lascio andare tutto, non mi rendo conto se sto correndo su asfalto o meno, Piazza Venezia, provo ancora a tirare fuori qualcosina, ma ormai…..

Dopo la curva dell’Altare della Patria, vedo il traguardo con il cronometro che avanza inesorabile; mi mancano un centinaio di metri e sta segnando 3 ore 24 minuti e qualche secondo. Ecco che quel qualcosina da tirare fuori si decide ad uscire, e taglio il traguardo sotto le  3 ore e 25 minuti. Roma, missione compiuta!!!

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