Non intendevo farne produrre molto, ma sicuramente è capitato, soprattutto per chi ha una naturale capacità di sopportazione o l’ha allenata in altre attività sportive. Avendo corso in una pista e cronometrato per bene, abbiamo almeno una misura del carico esterno, mentre per il carico interno bisognerebbe affidarsi alle valutazioni delle ore successive.

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La formula di struttura è semplice, quella bruta C3H6O3 è giusto la metà del glucosio, quella molecolare CH3-CHOH-COOH mette in evidenza l’idrogenione pronto a sganciarsi (quello a destra nella formula di struttura): in effetti l’acido lattico è quasi tutto dissociato nel torrente circolatorio e ci resta poco, perché non è sopportato più di tanto e perché quello in eccesso è metabolizzato in fretta.

Chi mi segue negli articoli tecnici, sa che non sono amico del lattato, pur avendo (avuto) un notevole fuori soglia anaerobico, soprattutto degli allenamenti in cui si rischia di abusarne, senza controllo. Eppure mi piacevano molto quelli in salita a perdifiato su ogni distanza, dalle poche decine di metri ai diversi chilometri, frazionati o in corsa continua. Negli ultimi anni mi sono affidato per lo più a distanze (tempi) così brevi da rimanere (per quanto possibile) in anaerobico alattacido.

http://youtu.be/EzIz5T4YltM

Qualche inverno fa mi è capitato di incrociare due amici sulla nostra rampa preferita, quella che porta alla chiesa di Valle S.Floriano, pendente il giusto per dare il massimo in pochi appoggi. Io correvo serie di 40m, loro andavano più che al raddoppio, partendo dal fondo del rettilineo finale, senza mai allungare il recupero. Era ancora buio alle 6.xx del mattino e ho chiesto loro “ma no si miga imbriaghi dopo un lavoro così?”. “Eh si, a xe dura rivar sera!” per due professionisti molto impegnati, entrambi laureati, uno in medicina e chirurgia, entrambi amanti del buon vino. A cosa sarà servita quella fatica?

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